Archivio blog

lunedì 29 agosto 2016

#Italia #sisma #2016 #Cupoladibrunelleschi #praticaedilizia


Il 23 Settembre 1453 Firenze subì un terremoto così forte che, secondo quanto riporta Giovanni Chellini da San Miniato nelle sue memorie, fece crollare diversi immobili e riversare per le strade la gente impaurita.
Filippo Brunelleschi (1377-1446) era morto da qualche anno. Il grosso della sua cupola era fatto, ma ancora doveva essere realizzata la lanterna di coronamento (finita nel 1471) e che secondo alcune teorie è l'elemento attraverso il quale si completa la "antisismicità" dell'opera.
Altro terremoto importante a Firenze e nelle zone limitrofe -e per il quale si contarono anche vittime- ci fu nel 1895. Molti edifici subirono danni ma la Cupola del Brunelleschi (che ad oggi rimane ancora la cupola in muratura più grande mai costruita) rimase su. Come mai?
Ci sono tante risposte ma sicuramente le più importanti sono che la Cupola del Brunelleschi è costituita da strutture intelaiate, materiali leggeri, è un organismo che nel suo complesso risulta essere un sistema elastico, ci sono rinforzi strutturali in punti strategici per lo scarico delle tensioni, ma soprattutto  la sua realizzazione è legata a sapienza progettuale e sapienza costruttiva.

All'epoca, così come adesso, esistevano due tipi di edilizia: di base e specialistica.
Per edilizia di base di intendono abitazioni: case cittadine con piccole botteghe annesse oppure case di campagna -tipo coloniche- che erano vere e proprie fabbriche ma costruite in maniera molto semplice -pur nella loro complessità. Le stesse persone che abitavano tali edifici, li costruivano: pietra sopra pietra, travi e travetti, terracotta e leganti naturali.
Per edilizia specialistica si intendono tutti gli altri tipi di costruzioni: palazzi, castelli, ponti, fortificazioni, dighe, chiese, mercati, strade, ecc. Tali tipi di costruzioni venivano costruite da professionisti delle costruzioni, ovvero vere e proprie corporazioni costituite da persone che avevano dedicato la propria vita alle costruzioni (per tradizione familiare o per studi o per "ordine religioso"). Anche in questi casi si ha una costruzione attraverso la formula pietra su pietra, travi e travetti, terracotta e leganti, ma la differenza sta nel fatto che la pratica e la tradizione lavorativa dei professionisti delle costruzioni gli hanno permesso di realizzare strutture importanti studiando e conoscendo le condizioni al contorno (il terreno, le stagioni, l'orientamento, ecc), le capacità dei materiali (diversi tipi di pietra, essenze di legno, loro corretta estrazione e lavorazione), la statica delle strutture (creazioni di capriate e volte, solai con luci notevoli, ecc), un corretto uso dei materiali leganti (pozzolane, grasselli, ecc), una corretta manutenzione e tanto tanto altro. Sopra tutto questo sta il progetto di partenza di un edificio: quanto più corretto ed efficace risulta, tanto meglio vivibile e fruibile sarà.

Con la specializzazione abbiamo oggi raggiunto gradi notevoli di conoscenze e capacità costruttive.
Con la continua fame di soldi e inutilità varie (comprese le sovrabbondanti carte burocratiche che soddisfano la formula "più labirintici sono i passaggi, più facile è riuscire a prendere qualcosa") che alimentano corruzione e mala-pratica, stiamo invece cancellato millenni di buona pratica costruttiva.
I risultati sono sotto i nostri occhi: la cupola del Brunelleschi è ancora su nonostante due terremoti forti -e altri di minore entità- mentre edifici pubblici antisismici (o supposti tali) crollano quando invece dovrebbero stare su.

sabato 2 luglio 2016

Una cosa per un'altra

Di recente sono stato contattato per un progetto di sviluppo di una fiorente attività che aveva intenzione di realizzare un'ulteriore crescita. Le informazioni comunicatemi erano chiare: formulare un progetto strategico che prevedesse la commercializzazione di nuovi prodotti e la pianificazione delle relative azioni comprensive di gestione e coordinamento delle risorse in gioco. Questo ciò che il cliente dichiarò di volere. Era una proposta per me interessantissima ed una sfida da vincere! Mi veniva chiesto di applicare creatività, strategia, leadership. Cosa vuoi più dalla vita? :)

Forte delle mie esperienze, comincio a buttare giù idee e piani. L'obiettivo era chiaro. Studio tutte le possibili condizioni al contorno. Studio il mercato (prodotti simili e competitor) e studio anche il mio stesso cliente, quindi costruisco il progetto formulando una strategia "a" ed un'alternativa "b" -considerando tutti gli strumenti messi a disposizione ed integrandone nuovi. Definisco misuratori iniziali, intermedi e finali. Definisco il team perfetto (... sulla carta!) e pianifico le azioni di comunicazione interna. Stabilisco le regole per rendere il progetto quantificabile. Propongo azioni dirette e indirette nonché formulo interventi spot e continuativi con il relativo cronoprogramma. Faccio previsioni. Simulo l'andamento del progetto con anche un'analisi del rischio -per cui sviluppo anche un potenziale piano "b" e un piano "c". Definisco un budget minimo ed uno massimo per poter permettere una valutazione ulteriore da parte del cliente. Definisco la tempistica minima e massima per il raggiungimento dell'obiettivo.

Era una vera sfida e quindi ho offerto la massima dedizione alla stesura del progetto! Il risultato ottenuto mi piaceva. Mi piaceva proprio!
Sintetizzo il tutto in un documento da presentare e fisso un incontro di esposizione. Il progetto era impegnativo e ambizioso -così come lo era anche la veduta del cliente. Ciononostante rimango fermo nella mia razionalità. Dopo un'ultima verifica (dove taglio delle eccedenze sia nel programma che nel budget), considero pronta la presentazione. Vado! Volo dunque per gli step successivi: condivisione-accettazione-formalizzazione.

Dopo i convenevoli iniziali comincia l'esposizione. Ho presentato tanti progetti e sono tranquillo. Intervallo con aneddoti legati a scelte progettuali passate adottate e che ne avvalorano l'efficacia. Passa circa un'ora. Finisco il mio intervento. Il cliente è felicissimo, entusiasta, non sta nella pelle. Gli piace. Ridiamo insieme perché ha visto il futuro della sua attività ... e per un attimo io il mio! :) Mi sento gratificato. Lui si sente positivamente appoggiato. Gli chiedo quando cominciamo. Ci pensa un attimo ... risponde: "Preferisco farlo fra almeno 3 anni. Per adesso mi serve una mano ad un paio di ragazzi che ho appena preso" ... questo ciò di cui aveva bisogno il cliente.



lunedì 28 marzo 2016

La squadra di progetto

Creare un buon progetto significa RIUSCIRE A FORMULARE UNA SOLUZIONE BUONA, EFFICACE E CHE SIA IN LINEA CON LE RICHIESTE.
Chi costruisce il progetto è la squadra. Conoscere i componenti della squadra è alla base della riuscita.

Non è mai banale comporre un progetto: se esso è realizzato a più mani occorre strutturare il team con una chiara matrice delle responsabilità (chi fa cosa) ancora prima di cominciare a buttare giù idee.
Mi capita spesso di lavorare in team. Durante il lavoro di squadra esistono delle strane dinamiche in base alle quali, in mancanza di un efficace coordinamento e/o di una sufficiente esperienza nel gioco di squadra, le lavorazioni subiscono "deviazioni". Esse possono essere non costruttive, deleterie e portare ad una mancata riuscita del progetto -ovvero lo rendono inefficace.
Bisogna assolutamente evitare di portare avanti un progetto quando si percepisce che la direzione presa non è corretta. Si rischia infatti di perdere tempo prezioso e non ottenere i risultati sperati. Quindi, se si ha il sentore che le cose non stiano andando bene, occorre quanto prima alzare la bandierina, far evidente le proprie ragioni e sensazioni, confrontarsi con gli altri quindi correggere il tiro. Lo scopo deve essere sempre quello di raggiungere l'obiettivo "riuscita del progetto",  perciò occorre evitare assolutamente la presenza di fattori devianti.

Ma facciamo un passo indietro. Il percorso costitutivo del team si può sintetizzare nelle azioni condotte dai seguenti soggetti:
- un presentatore (proponente)
- una platea (di soggetti, ognuno con singolari capacità).
Il presentatore espone una richiesta alla platea invitandola a far parte di un team. Se l'offerta è gradita -e possibile- allora si comincia a lavorare.

Ebbene, cosa vuol dire "lavorare"? Vuol dire azionarsi, ovvero mettere a disposizione le proprie skills. Per farlo occorre strutturarsi in team e far si che ognuno possa contribuire con le proprie conoscenze e capacità.
Chi struttura il team? Se il presentatore non conosce bene i componenti della squadra, come può dire chi fa cosa? La migliore soluzione è che ognuno, alla luce degli input ricevuti, parli con la propria coscienza e manifesti le proprie capacità proponendosi per contribuire con un preciso ruolo. In sostanza, può capitare che il team si "auto-strutturi" (...e capita spesso! pensiamo agli organismi pubblici cittadini). Qui scatta la chiave di tutto: chi non riesce a porsi domande e leggersi, non conosce le proprie capacità quindi, pur volendo far parte della squadra, non può offrirsi al gruppo correttamente. Ergo, soggetti del genere potrebbero risultare cattivi componenti di team.
Quante volte è capitato che a lavoro cominciato ci si accorge che dei ruoli si sovrappongono, invertono, deviano, ecc ecc creando disarmonie? Nella mia esperienza talvolta è successo! Questo accade quando dei componenti non sono in grado di assolvere i propri compiti quindi fanno a spallate per prendere gli impegni di altri nella speranza che siano per loro più congeniali. Comportamenti del genere non sono costruttivi e leali nei confronti del gioco di squadra.

L'allenatore di una squadra, conoscendo le capacità dei giocatori, costruisce una formazione perché vuole vincere la partita. Se però in campo qualcuno ha dei colpi di genio che influenzano e deviano la strategia, rischia di far perdere il controllo all'allenatore nonché ai propri compagni di squadra -che avvertono il cambiamento senza conoscerne motivi. Ergo, rischio altissimo di perdere la partita. Un buon allenatore, avverte il cambiamento, riporta alla normalità (anche con eventuali sostituzioni) e continua a metter in pratica la propria strategia di gioco a mezzo della sua formazione.


Nel team sostituire è una cosa piuttosto forte e talvolta brutta. Non sempre si può sostituire ... ma l'obiettivo è pur sempre la "riuscita del progetto". Come si opera allora? Il mio suggerimento è questo: in caso di una situazione di disarmonie/sovrapposizioni occorre SENSIBILIZZARE. Fare evidente che la cosa non sta procedendo nella giusta direzione e che è necessario esaminarsi. Ricordare che lo scopo principale non è emergere nel gruppo bensì contribuire a costruire un progetto efficace per il cliente. Se anche questo non bastasse, allora ricorrere alla sostituzione.
NB: i soggetti che creano scompiglio solitamente propongono insistentemente le loro soluzioni, parlano solo loro, giudicano senza valutare e dare contributi, parlano al personale, interrompono, danno ordini senza dire cosa fanno, non coinvolgono, non ascoltano, non si allineano, insegnano anziché dimostrare, non si fanno capire, non si confrontano, ... insomma fanno perdere tempo.

Nel gioco di squadra occorre innanzitutto essere onesti e leali con se stessi e poi con gli altri: non ci si può improvvisare "esperti di". Coloro che sono all'interno di un team devono saper misurare le proprie conoscenze e capacità nell'ottica di poter dare il proprio contributo specialmente dove sono più preparati. Solo così il team si dimostrerà composto da professionisti efficaci e potrà essere idoneo a sviluppare buoni progetti.

giovedì 17 marzo 2016

Questione di knowledge



Norme e leggi e regolamenti certo oggi non rendono facile il lavoro -poiché sembra che tutto si riduca ad essere documenti e fogli piuttosto che produrre bene e costruire bene (come ahimè una volta si faceva!....il Colosseo è ancora sù mentre i ponti di oggi vengono giù). Ma vediamo anche delle altre cause.


Nel post dal titolo "Pitture isolanti: una grande farsa?" di EMU Architetti (uno studio di professionisti appassionati e cosmopoliti, specializzati in temi di energetica e qualità del progetto/costruito ... e non solo!) vengono analizzati in modo scientifico i risultati dell'applicazione di alcuni prodotti proposti come "risolutori/salvatori". Le verifiche effettuate dimostrano che gli effetti risultanti dall'applicazione di tali prodotti non sono quelli divulgati. Molto male!!!
Se tecnici/operatori di settore leggessero questo articolo (forse) cambierebbero alcune loro opinioni, e se alcuni produttori/venditori fossero più sinceri/onesti avrebbero (forse) più mercato e di sicuro si salverebbero la faccia!

Mi chiedo se il punto della questione è solo marketing feroce oppure inconsapevolezza.

sabato 27 febbraio 2016

Progetto per l'Impresa

Fino ad ora ho sempre parlato di progetto. Ma un progetto serve a costruire un'impresa. Fare un'impresa vuol dire quindi fare tante cose -il progetto infatti si costituisce di tanti passaggi. Esiste un comune denominatore che lega tutte le imprese: rendere fruttifero il progetto! Non importa che tipo di progetto sia e cosa riguardi. L'obiettivo è sempre lo stesso, ovvero ricavare risultati positivi.
Come fare? Non esiste una regola, ma c'è un trucco: quanto più ci informiamo durante la stesura del progetto -e quanto più ci consultiamo con professionisti- tanto più saremo in grado di formulare una proposta di interesse ... che (forse) potrà portare ai risultati sperati.
Partiamo dicendo che chi vuole fare impresa deve essere pronto a governare tante difficoltà, poiché si dorme poco, si rischia tanto, si spende tanto, l'ansia sale, si litiga, ci si arrabbia ... ma se il progetto è buono, nei giusti tempi ci sono ritorni notevoli e soddisfazioni che ammutoliscono tutte le negatività iniziali.

Se ci concentriamo anche solo su un piccolo progetto di impresa, costruirla vuol dire essere in grado di realizzare, amministrare e pianificare, lanciare nel mercato e creare mercato ... e poi ancora ri-progettare e ripartire dall'inizio (realizzare, amministrare, etc etc). Insomma, è un ciclo di azioni strutturate e legate fra loro in un "loop" infinito di step.
In particolare,
  • per "realizzare" -un servizio o un prodotto- occorre strutturarsi e dotarsi di capacità e mezzi; 
  • per "amministrare e pianificare" occorre avere capacità di leadership e di scelta, saper gestire in&out (costi, introiti, fisco, etc), conoscenze tecniche e operative, conoscere il mercato, sapere come fare utile, massimizzarlo e saperlo dividere, come ottimizzare costi e tempi, sapere quando e come reinvestire, saper studiare e analizzare il rischio, sapere come, quando e quali risorse sono necessarie, etc. Occorre anche sapere quali azioni vanno attuate e come vanno regolate, fare analisi, progettare e organizzare, realizzare e saper leggere dati statistici, stendere ipotesi predittive, etc;
  • per "lanciare nel mercato" occorre sapere come farlo -perciò avere nozioni di marketing, capacità commerciali e conoscenze del mercato- al fine di ottenere la richiesta (o ordine), etc;
  • per "creare mercato" occorre sapere cosa offrire, come offrire, quando offrire e a chi offrire.
Fare impresa è dunque un processo complesso di interventi in cui ogni azione necessita di conoscenze specifiche. Dato che è alquanto improbabile che in un'unica figura siano racchiuse tutte le necessarie conoscenze (divine), anche il più bravo imprenditore si avvale della collaborazione di professionisti che con le loro competenze forniscono idonei consigli e suggeriscono le migliori strade da percorrere.
Un buon imprenditore è infatti colui che costruisce qualcosa nella consapevolezza che anche il contributo dei suoi suggeritori è la base di ciò che ha costruito.

giovedì 4 giugno 2015

Archimarketing


Non so a quanto tempo fa risale il post che sto per evidenziare. I dati più aggiornati dei grafici in esso presenti risalgono al 2010 ma non credo che oggi (2015) i risultati siano cambiati.

Il blog che ho scoperto si chiama ArchiFetish ed è molto carino!
Il tema del post che invece evidenzio è Architettura e Marketing due cose che mi stanno particolarmente a cuore!

Non capisco ancora perché in Italia un professionista non abbia la piena libertà di fare un pò di pubblicità della sua attività. Oggi anche con pochi investimenti si possono avere discreti risultati nel web e la cosa potrebbe portare buoni risultati e far girare il meccanismo intricato del lavoro.

In una compagine come la nostra (italiana) dove a quanto pare ci sono 4 architetti ogni 10k abitanti, la comunicazione gioca un fattore importante per poter fare della propria professione ... una professione :)



venerdì 19 dicembre 2014

Potere Media(tico)


Arieccoci ... media media media ... una chiave!
Parafrasando la celebre "La pubblicità è l'anima del commercio" di Henry Ford, Marcello Marchesi - (1912-1978) comico, regista, sceneggiatore- ne "Il meglio del peggio" nel 1975 diceva "La pubblicità è il commercio dell'anima"... e aveva ragione!

Sul post di d.repubblica.it (webmagazine di attualità) dal titolo "40 pubblicità che ti lasciano a bocca aperta" ben si comprende il valore del messaggio pubblicitario quando combinato con una giusta immagine. Spesso di impatto, altre volte sottile, ma tutte le volte la pubblicità evoca significati che vanno anche oltre il prodotto, il brand e il tema che tratta, perché colpisce il cuore, i sentimenti, i sensi ... gioca ... gioca con l'imperfezione della natura umana!

Serve un codice etico? ... chi lo sa? L'obiettivo finale é sempre lo stesso: vendere!
Se da Henry Ford a oggi (e forse anche un lontano domani) per vendere un prodotto o fare grande un brand, le leve che si possono usare sono le stesse che vengono adottate per raggiungere i più profondi sentimenti, cosa ci può fare chi realizza pubblicità?